“La diffidenza verso le parole è molto meno
dannosa che l'eccessiva fiducia verso di esse.”
Vaclav Havel 


 

L’indimenticato don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e, negli anni ottanta, figura profetica del movimento per la pace, scrisse una volta di un saggio orientale che avrebbe voluto chiedere a Dio Onnipotente un solo miracolo: ridare alle parole il senso originario. Sì, perché – ricordava don Tonino – oggi le parole sono diventate così “multiuso” che non puoi più giurare a occhi bendati sull’idea che esse sottendono. Anzi, non è raro vedere accomunate accezioni diametralmente opposte sotto il mantello di un medesimo vocabolo. Guaio, del resto che è capitato soprattutto ai termini più nobili, quelli, cioè, che esprimono i sentimenti più radicati nel cuore umano come pace, amore, libertà.
Per questa ragione, quando lo scorso anno abbiamo immaginato, all’interno di “Molte fedi sotto lo stesso cielo. Per una convivialità delle differenze”, i Circoli di R-esistenza siamo partiti dalla convinzione che non è più il tempo di dare per scontato parole e idee e di ritenerle acquisite una volta per sempre. Anche l’idea stessa di democrazia. Che dunque è da ripensare perché essa non è un sistema già dato e confezionato una volta per tutte.  D’altronde è sotto gli occhi di tutti la crisi profonda in cui versa, la sua attuale  stagione di radicale impoverimento e il rischio di essere ridotta ad un mero contenitore.
Noi invece crediamo che il compito della politica non sia quello di offrire regole formali ma di creare condizioni sostanziali di sviluppo del cittadino a partire dal concetto di persona, non da quello, che molti ritengono equivalente, di individuo. Ciò che sostanzia politica e democrazia sono i legami, la fitta trama di relazioni che gli uomini e le donne dei nostri territori sanno costruire e consolidare.
L’esigenza dei Circoli di R-esistenza era che le persone si incontrassero di nuovo, riprendessero a pensare liberamente, criticamente, creativamente, empaticamente. Che si riappropriassero, cioè, della cittadinanza attiva mettendo al centro del loro ritrovarsi con regolarità i volti e le storie di ciascuno. Un percorso di "riappropriazione di cittadinanza", di ricostruzione di tessuti sociali e comunitari che, senza pretese, potesse rilanciare una partecipazione attiva e un nuovo protagonismo dei singoli e della comunità.
La risposta è andata oltre ogni aspettativa. Più di duemila persone, nei luoghi più diversi, in tutto il territorio bergamasco, si sono date appuntamento, per quattro INCONTRI, per leggere  insieme, discutere, confrontarsi. Uomini e donne, giovani e anziani, credenti e non credenti hanno dato vita ai Circoli ospitati nelle sedi ACLI, nelle parrocchie, negli oratori, nelle biblioteche, nelle classi a scuola, nelle case private, in carcere. Molti di loro hanno riempito all’inverosimile la chiesa di Ponte San Pietro quando, al termine del percorso di lettura, Enzo Bianchi (autore del libro, L’altro siamo noi, utilizzato dai Circoli) ha voluto incontrare i lettori. 
Tracce di speranza possibile
 Per paura si muore di paura.
Insieme è nulla la paura. 
Maria Pia Veladiano
L’edizione 2014 di Molte fedi avrà come tema: “Non abbiate paura! Tracce di speranza per l’uomo di oggi”.
Grande infatti è il bisogno di ricominciare del nostro tempo. Tempo di fatiche, tempo di precarietà, tempo di rinuncia. Tempo di perdita di diritti che si davano per acquisiti. Tempo di individualismi e di mancanza di rete sociali. Tempo di perdita di lavoro. Tempo in cui si ha l’impressione di essere tornati indietro e in cui ci si interroga su come ricostruire un Paese sfiduciato, impaurito, che non riesce ad intravedere orizzonti di cambiamento e segnali di ripresa. Con il rischio di vedere soffocati, invece che sostenuti, i sogni dei più giovani.
Viene da chiedersi, direbbe Lucio Dalla, cosa bisogna inventare per continuare a sognare … Da qui è nata l’idea di provare a costruire un piccolo vocabolario, una grammatica di parole che riteniamo fondanti per ricominciare a sperare, quelle da cui è necessario ripartire. Tracce di orizzonti possibili. Parole che ci sembrano importanti, spesso trascurate dall’agenda politica, ma su cui ci sembra necessario riportare l’attenzione. A ciascuno di noi è affidato il compito di custodirle. Per rianimarle di credibilità. Per ridare slancio a progettualità. Per tornare a credere in una ripresa economica e politica, che sia anche sociale e solidale. In una politica che sia, come indicava Ernesto Balducci, “organizzazione della speranza”.
È da qui, dalla convinzione che i sogni non rimangono sogni ma trovano concretezza nelle cose reali, nella capacità di alzare lo sguardo, di destarsi per disegnare insieme un futuro, che deve riprendere, con forza, l’impegno per cambiare la nostra società. Dare credito alle “conseguenze politiche” della speranza non è un’operazione banale. Significa coltivare “l’audacia” di sognare prendendoci l’incarico di testimoniare una svolta possibile, sentire come priorità personale il compito di aver cura del bene comune. Perché dove c’è anche solo un cittadino che difenda i diritti della comunità, lì è la costruzione del futuro.
Non abbiate paura!
Abbiamo chiesto a due amici carissimi, nostri compagni di strada e di ricerca da diversi anni, di scrivere per noi il testo che sarà utilizzato nei prossimi Circoli di R-esistenza: Silvano Petrosino, filosofo, docente di Semiotica e di Filosofia morale presso l'Università Cattolica di Milano e di Piacenza, acuto osservatore del nostro tempo e don Giovanni Nicolini, presbitero della diocesi di Bologna, discepolo di don Giuseppe Dossetti, fondatore delle “Famiglie della Visitazione”, già Direttore della Caritas e ora parroco alla Dozza, un quartiere della periferia bolognese.
Siamo grati a loro per il testo che avete tra le mani, per l’amicizia sincera che li lega a Molte fedi di cui sono stati più volte ospiti e riconoscenti soprattutto per averci indicato vie di speranza. In un tempo che sembra chiudere, oscurare, isolare, impaurire, c’è bisogno di uomini e donne che - superando la sfiducia e il cinismo - sappiano aprire, illuminare, connettere, incoraggiare. C’è bisogno di uomini e donne che coraggiosamente riaprano il futuro. Che indichino nuove mappe. Per questo, il testo di Silvano e don Giovanni è prezioso per noi.
Il libro è stato curato e reso possibile dallo scrupoloso lavoro redazionale condotto da Delia Arrigoni, Maria Elena Belotti, Miriam Carminati, Federica Fenili e Adriano Marconi. A loro e a Gian Gabriele Vertova, che ha dato l’ultima lettura e correzione, va il nostro più sentito ringraziamento.
Possa questo testo costituire un’occasione per le persone che avremo modo di incontrare per generare, e non solo consumare, speranza di vita buona.
di Daniele Rocchetti